IMPRINTING: UN LUOGO DELLA MEMORIA


Ho riflettuto parecchio su quale luogo potesse essere il mio “imprinting”. Ho pensato alla mia infanzia, al paesino dei miei nonni vicino Viterbo e ho rintracciato molti luoghi. A causa anche della mia scarsa memoria non riuscivo a cogliere fino in fondo quanto questi luoghi mi avessero influenzata o comunque colpita all’epoca. E poi si sa, da piccoli si vede tutto più “grande” e quando ci si torna in età avanzata si rimane, un minimo, sempre delusi! Così ho deciso di scegliere un luogo che fa parte della mia vita da “poco”. Grazie a una gita fatta al liceo ho scoperto il cimitero acattolico a Roma. Appena entrata sono rimasta impietrita: tutto così ordinato, disposto in ordine, curato. Proseguo per i tanti e lunghi vialetti e incontro piante, alberi e fiori che mi riportano a quando nonno aveva il suo melograno o quando papà mi aveva regalato tutti mini vasetti con delle piantine grasse.... continuo... un gatto rosso su una tomba... guardo meglio, è la tomba di un Ebreo. Vado avanti: questa volta è la tomba di un Russo. E continuo così per tutti i vialetti, tra verde e piccole lapidi decorate con gatti, fiori, decorazioni tipiche della nazione del defunto o addirittura bellissime statue poste al di sopra o a copertura come degli antichi sarcofagi etruschi. Solo dopo molto tempo mi rendo conto che io sono a Roma, ma non sento nulla: il traffico e i clacson non si sentono da lá. Eppure dovrebbe essere uno dei posti più trafficati, a Piramide, con la metro, i tram, gli autobus e le migliaia di macchine che passano ogni giorno. Invece lì regna il silenzio. Anche i visitatori sembrano percepirlo e rispettarlo appena entrati. Vicino alla piramide si trova un piccolo giardino con prato all’inglese, qualche lapide e molti gatti. Qui ogni elemento ha un valore. Le panchine di legno hanno delle targhette che ricordano un defunto o una famiglia, fai fatica anche a sedertici, per rispetto. I gatti sembrano essere i padroni di quel luogo: si ergono su quelle lapidi antiche come se dovessero controllare il loro impero. Per i più attenti: tra le tantissime tombe si possono scorgere quelle di illustri personaggi: da Gadda, romanziere italiano ad Antonio Gramsci, dai due poeti inglese Keats e Shelley all’unico figlio di Goethe a raggiungere l’età adulta. Ma forse quella che appare più evidente quando si passeggia è la tomba dello scultore William Wetmore Story, che realizzó quella statua per sua moglie per poi essere seppellito anch’egli con lei. Il poter camminare tra questi personaggi mi ha sempre affascinato: è come se fossi un parente che tiene a loro che regolarmente rende loro omaggio. Anche quando il cimitero chiude, lo fa distinguendosi da ogni altro posto: Inizia a riecheggiare nell’aria un pezzo di musica classica che avverte i visitatori. Da quel giorno sento di frequente la necessità di tornare in quel posto, così diverso, così lontano da tutto ciò che vi è intorno. Forse era più facile scegliere un luogo lontano dalla città, immerso nella natura, ma credo che sia proprio questo il potere di questo cimitero, rappresentando quasi un ossimoro nella realtà in cui si è formato. Ogni volta che torno scopro nuovi angoli, un vecchietto che si siede di fronte la tomba di Keats, un nuovo gatto e, ahimè, anche nuove lapidi. Questo senso di pace a pochi passi dal traffico mi destabilizza e, allo stesso tempo, rivitalizza ogni volta. Per questo motivo, anche quando viaggio, vado alla ricerca di posti come questo, che possano essere dei rifugi tranquilli dal caos della città (come ad esempio il cimitero ebraico di Praga o il cimitero di Montmartre). Ognuno di questi luoghi riesce a creare una nuova dimensione seppur all’interno della città caotica. Nasce quel senso del rispetto per le persone lì presenti e per la vita in sè. Forse proprio perché sono una persona tendenzialmente pessimista, ho bisogno di questo luogo per apprezzare la pace e immaginare tutte le vite di queste persone.





spaesato-ordine-rispetto-pace 



Come tradurre tutto questo nel mio progetto? Creando uno spazio che in qualche modo sia l’opposto della città, intimo e che serva a scaturire quello spaesamento iniziale che porta inevitabilmente a riflettere.



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